
La famiglia Belier e i genitori con disabilità
La famiglia Belier
Ieri mentre facevo zapping in TV, mi è ricapitato di vedere “La famiglia Belier” una commedia francese di qualche anno fa, che racconta la storia di una famiglia di persone Sorde, in cui solo la primogenita, Paula, è udente.
La trama si snoda attorno a Paula, al suo diventare ben presto l’interprete preferita nelle comunicazioni tra i genitori e il mondo esterno. Dal medico, ai clienti, ai fornitori della fattoria, agli avversari politici… sì, perchè il papà di Paula ad un certo punto lotta anche per diventare sindaco.
Completamente assorbita dalla sua vita e dal suo ruolo di unica udente di casa, Paula scopre quasi per caso, durante un corso scolastico il suo più grande talento: il canto!
Come si può immaginare scegliere di coltivare questo talento la porterà a stravolgere gli equilibri familiari, a far riaffiorare insicurezze, dolori, dubbi, incertezze.
E si vede bene il senso di colpa di una figlia che sente di “abbandonare”i propri genitori, ma che al contempo odia il suo ruolo di interprete di famiglia e desidera seguire il suo sogno. Un sogno che non potrà mai essere compreso e condiviso dalla sua famiglia, che non potrà mai sentirla e capire cosa significa “cantare”.
Il senso di inadeguatezza di una madre che per molti anni si chiede se sarà in grado di crescere una figlia “diversa” nel modo giusto, e che legge questo sogno così lontano da loro, come un fallimento.
Il senso di abbandono di una famiglia che si rende conto all’improvviso di quanto possa diventare i marcato il confine tra due identità distinte, quella sorda e quella udente della propria figlia, che sogna di andare a studiare canto a Parigi.
Ma Paula, forse, troverà il modo per rendere possibile ed accessibile anche ai suoi genitori il suo sogno.
Una storia che affronta con ironia, semplicità, e immediatezza il tema della disabilità, dell’integrazione, dell’adolescenza come periodo di crescita e scoperta di sé e del mondo. Una storia in cui eventi ed emozioni arrivano in maniera diretta, attraverso i segni e il movimento del corpo.
Mai banale, sempre veritiero di quello che è il mondo dei sordi, e il rapporto tra sordi e udenti.
I figli CODA
Per identificare i figli udenti di genitori sordi, come Paula, esiste un acronimo: CODA.
Children of Deaf Adults, sono bambini che crescono con due lingue e due culture. Udenti nella cultura sorda. Utilizzatori della lingua dei segni nella cultura orale.
Chi ha genitori sordi impara a capire ben presto che la sua è una famiglia diversa dalle altre, non certo perchè questo costituisca un problema per i bambini, ma perchè la società non conosce la sordità.
Per i bambini la sordità dei genitori è normale, fa parte di loro e la lingua dei genitori è la prima lingua dei figli. Alcuni studi in merito dimostrano come non vi sia differenza nel modo di comunicare di una famiglia sorda da una udente. Indipendentemente da quale sia la modalità di comunicazione scelta dalla famiglia (lingua dei segni o oralismo), la cosa fondamentale è che la comunicazione genitore- figlio sia funzionale a creare un legame e scambiarsi informazioni al fine di garantire un sano sviluppo del bambino. E in questo la sordità non porta alcuna differenza.
La differenza tra bimbi che nascono in una famiglia udente e bimbi che nascono in una famiglia sorda è il modo in cui si sviluppa la comunicazione e come i figli di genitori sordi siano maggiormente influenzati da questa. Quasi tutti i CODA infatti, si troveranno, prima o dopo nella vita, ad essere i traduttori ufficiali dei genitori. I figli con genitori sordi tenderanno ad assumersi maggiori responsabilità nei confronti della famiglia. Se da un lato ciò rafforza l’autonomia dei bambini, al contempo può portare al sopraggiungere di conflitti di ruolo o situazioni troppo impegnative. I bambini devono rimanere bambini, e non devono mai entrare nelle questioni degli adulti.
Tuttavia la ricchezza culturale che deriva dall’appartenere ad una cultura così intensa e complessa come quella sorda, è una ricchezza che colma qualunque difficoltà.
I genitori con disabilità
Parlando di CODA voglio estendere lo sguardo sulla disabilità in generale, osservando i genitori con disabilità motoria, sensoriale, intellettiva o con malattie neurologiche.
Spesso le mamme e i papà che hanno una disabilità manifestano senso di inadeguatezza al proprio ruolo genitoriale e timore di recare danno ai propri figli. Il tutto non è certo reso semplice dagli sguardi della gente spesso giudicanti.
Una persona con disabilità può diventare genitore!!!!
E non c’è nulla di male. Nulla da temere. Nulla di cui vergognarsi o sentirsi egoisti.
Malgrado i limiti e difficoltà che una persona con disabilità può avere, è provato che saprà mettere in campo le risorse e strategie più adeguate per prendersi cura del proprio bambino.
I figli di genitori disabili crescono esattamente come tutti gli altri, ed avere una condizione di disabilità non significa non sapersi prendere cura del proprio figlio.
Per i figli la condizione del genitore rappresenta la normalità. Per i bambini non c’è nulla di strano nel vedere la protesi, la carrozzina, gli apparecchi acustici del papà o il bastone bianco della mamma. I bambini non vedono la disabilità del genitore.
Spesso si è portati a pensare che i figli con genitori disabili diventino adulti presto e vengano responsabilizzati troppo. In linea teorica la disabilità del genitore non rappresenta un particolare insegnamento o spinta a crescere prima, ma talvolta il rischio di farsi sostituire dal figlio c’è.
E’ importante avvalersi in caso di necessità di ausili e supporti esterni e non “utilizzare il figlio”.
Certo un figlio può dare una mano a sbrigare alcune cose, può apparecchiare la tavola o andare a fare una commissione. Insegnare ai figli ad aiutare in casa è bene sempre, a prescindere dalla disabilità di un genitore o meno. Bisogna sempre prestare attenzione che il compito richiesto ai figli sia da bambino.
Un esempio… Un figlio può rispondere al telefono al posto del genitore, ci mancherebbe. Farsi interprete e discutere le trattative di compravendita di una casa, magari quello no. Va bene accompagnare il genitore ad una visita, entrare dal medico e farsi portavoce dei problemi di salute di mamma o papà, quello no, è da adulti.
Non esistono genitori perfetti. Ognuno di noi, ogni famiglia ha la sua storia, i suoi valori e i suoi problemi. Ogni famiglia è una realtà da scoprire, come tante altre. E i bambini non sono diffidenti ma curiosi. Chiedono ciò che non capiscono. Il segreto è spiegare loro come stanno le cose, così tutto diventerà normalità, anche la disabilità.
Erica Zani
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